Amano gli spaghetti aglio olio e peperoncino, vanno pazzi per il cioccolato fondente e non fanno boccacce quando si trovano davanti un ravanello. Gli uomini sono più inclini a preferire piatti dai gusti intensi e sembrano andare a nozze con l’amaro, l’astringente e il piccante. Tutto il contrario delle donne, che in generale apprezzano i sapori più delicati ma, in nome di un’alimentazione sana, sono pronte ad apprezzare anche rucola e radicchio.

Questione di cromosomi? Non solo, nelle preferenze alimentari entrano in gioco una molteplicità di variabili fisiologiche, comportamentali, psicologiche, genetiche, oltre alla sensibilità personale. A mettere insieme per la prima volta tutti questi fattori il progetto “Italian Taste”, coordinato dalla Società italiana di Scienze sensoriali insieme ad altri 22 enti di ricerca. Sono state raccolte informazioni sui comportamenti alimentari di 2.500 uomini e donne tra i 18 e i 60 anni in 19 città italiane: da Udine a Sassari, passando per Firenze. E proprio l’ateneo fiorentino ha svolto un ruolo chiave mettendo a disposizione il “SensoryLab” per una serie di test: «Se una cosa ci piace la consumiamo, ma da cosa dipenda il gradimento è un terreno molto meno investigato — spiega Erminio Monteleone, docente di Scienze e tecnologie alimentari a Firenze e presidente della Società italiana di Scienze sensoriali — ci può essere una predisposizione biologica per cui certe persone percepiscono in maniera più blanda i sapori forti e quindi ne sono più attratte. O, al contrario, persone più sensibili all’amaro che tendono immediatamente a rifiutarlo».

Se da una parte ci sono i “Super Taster” che avvertono il gusto in maniera più intensa rispetto alla media, dall’altra ci sono i “Non Taster”. «Le donne hanno una sensibilità ai gusti più spiccata — afferma Sara Spinelli, ricercatrice all’Università di Firenze — il 34,6% delle intervistate è Super Taster, contro il 21% dei maschi, mentre il 28% dei maschi è “Non Taster” contro il 24% delle donne». Ma non basta. Le donne presentano un numero di papille gustative più alto, il che equivale a sentire più intensamente i sapori: «Il numero di papille varia da individuo a individuo e può andare da due a 100 per cm2 — specifica un’altra ricercatrice, Caterina Dinnella — in media le femmine che hanno partecipato ai test hanno 23 papille per cm2, i maschi 21».

Eppure, nello scegliere cosa mangiare, gioca un ruolo di primo piano anche la personalità. La reazione a un complimento o a un rimprovero può essere lo specchio di cosa ci piace avere sulla tavola. «I volontari, oltre ad assaggiare gli alimenti e a valutare quanto erano piccanti, salati, amari o acidi, hanno compilato dei questionari sui propri tratti caratteriali — rivela Spinelli — siamo andati a vedere a chi piaceva di più il piccante e a chi piaceva di meno. È emerso che i maschi più sensibili alle gratificazioni amano il piccante. Al contrario, le femmine più sensibili alla punizione, tendono a rifiutarlo». Da non sottovalutare altri tratti psicologici come la neofobia e la neofilia alimentare, rispettivamente la paura di assaggiare cibi nuovi e la curiosità o la voglia di sperimentare. Pesano inoltre fattori come la volontà di seguire un’alimentazione sana: le verdure possono non piacere, ma si sceglie comunque di mangiarle. Proprio sullo studio delle differenze individuali nell’accettabilitàdei cibi salutari si focalizzerà un nuovo progetto di ricerca, di cui l’Università di Firenze è capofila: «Estrarremo dalla vite sostanze ricche di fenoli e quindi ad alto contenuto salutistico e le aggiungeremo a una crema di verdure da far assaggiare a un campione di persone — conclude Spinelli — studieremo le reazioni con l’obiettivo di sviluppare cibi che facciano bene ma siano anche apprezzati dal punto di vista del gusto».